LA PIETRA LOCALE PARLA, SI LEGGE E RESPIRA

Passeggiando tra le strade di campagna che circondano la mia città (Putignano), ci si immerge in un passeggio in cui i colori della natura viarano a seconda delle stagioni: non è la descrizione di un paesaggio fiabesco, ma un luogo reale dove lasciata la fretta e il rumore della vota quotidiana, è impossibile immergersi in una natura multiforme e piena di sorprese. Il nostro territorio arido, roccioso e pietroso è stato modellato dai contadini. La pietra abbondante era utilizzata in periferia per la costruzione di trulli “casedd” e muri a secco  “paretr”.
I trulli e i muretti a secco ci parlano perché sono stati fatti con la pietra locale e presentano la stessa tecnica di costruzione: la base del trullo, infatti, poggia sulla roccia e sul muro perimetrale sorge una cupola a campana di anelli concentrici (pietra su pietra) che decrescono verso l’alto.
All’esterno della cupola le chiancarelle sono stimate con pendenza e ad incastro per non far penetrare l’acqua piovana; l’acqua scivola dalle chiancarelle e scorre in una canalina per poi essere raccolta in un pozzo.
Il trullo era l’abitazione del contadino e , di conseguenza, per le sue esigenze abitative esso risultava formato da un cono centrale e due alcove: nella parte centrale c’era la “buffet”; in un’altra alcova era sistemato il letto con i “trstid” il cui materasso era realizzato con la paglia di grano turco o di grano duro  che i contadini coltivavano nella nostra terra. L’altra alcova era usata come ripostiglio degli alimenti: olio, vino, “u capason” dei fichi secchi, mentre in un angolo era sistemato anche “u scalandron” su cui poggiavano “i spurt”. All’esterno c’era “u pozz”, “u curtegh”, “u gaddnar”, “u palmint” ed “u forn”.